Onorevoli Colleghi! - Dopo circa venti anni di precariato nelle liste dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (alcuni, infatti, prestano la propria opera dal lontano 1986) e a distanza di molti anni dall'approvazione e dalla piena operatività delle liste speciali, i medici titolari di incarico fiduciario con l'INPS (oltre 1.550 in Italia) non hanno ancora ottenuto il riconoscimento di una posizione giuridica che permetta loro di poter svolgere la professione con una retribuzione adeguata e con tutti i presupposti giuridici e pensionistici propri della loro attività. Il rapporto con l'INPS non permette, infatti, ai medici di svolgere qualsiasi altra attività lavorativa anche di collaborazione coordinata e continuativa con altro datore di lavoro pubblico o privato. Ne consegue che il medico che svolge la propria attività presso l'INPS non ha la possibilità di un impegno nella libera professione. Di contro, il medico è retribuito «a prestazione», ed ha l'obbligo di reperibilità e di disponibilità nei giorni feriali e festivi senza alcuna retribuzione. Oltre a ciò, tale medico non ha alcun trattamento integrativo e deve sopportare una serie di costi aggiuntivi, quali l'assicurazione per infortuni sul lavoro, l'assicurazione per la responsabilità civile verso terzi lesi durante l'espletamento della prestazione e la contribuzione pensionistica. L'INPS, inoltre, ha poteri di controllo e sanzionatori e non è obbligato a garantire un numero minimo di visite per sanitario su base giornaliera. Pur essendo l'incarico a tempo indeterminato, l'Istituto non si obbliga a garantire la

 

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permanenza nello stesso per ogni sanitario impiegato, predetermina il trattamento economico ed assegna i controlli da eseguire nella fascia oraria di reperibilità. L'INPS, da ultimo, è esonerato dal garantire la dignità del medico impiegato per quanto attiene alla comunità tipologica dei controlli assegnati, alla regolamentazione formale della sede di appartenenza ed alle modalità di accesso alla stessa da parte dei medici. È, quindi, necessario che l'Istituto assicuri ai medici un adeguato trattamento retributivo e tutte quelle garanzie giuridiche e pensionistiche che derivano da un regolare contratto di lavoro.
      Nella presente proposta di legge, si è scelto come punto di riferimento il contratto di lavoro in convenzione che i medici del Servizio sanitario nazionale stipulano con le aziende sanitarie locali, perché per alcuni aspetti risulta simile al rapporto di lavoro previsto per i medici dell'INPS. Infatti, una serie di requisiti, quali il collegamento dell'attività svolta con i fini istituzionali dell'ente, l'esclusività del rapporto di lavoro, il carattere continuativo e non episodico della prestazione e la collocazione in subordine nell'organizzazione dell'ente, nonché il controllo che l'Istituto esercita sui medici, rendono il rapporto di lavoro dei medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale assimilabile a quello dei medici fiscali dell'INPS.
      Il richiamo contenuto nella proposta di legge all'articolo 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, intende essere un preciso riferimento di garanzia normativa ed economica a favore dei medici dell'INPS, in quanto tale articolo prevede che i citati presupposti contrattuali siano garantiti sull'intero territorio nazionale ai medici delle aziende sanitarie locali, in seguito a convenzioni del tutto conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati tra il Governo e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale. È prevista, comunque, la possibilità per quei medici in servizio, qualora non ritenessero vantaggioso tale trattamento normativo ed economico, di scegliere se passare al nuovo contratto o meno. Infatti la proposta di legge prevede che tale regime trovi attuazione solo per coloro che opteranno per tale scelta. Si auspica, per le ragioni esposte, la rapida approvazione della presente proposta di legge.
 

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